Descrizione
Questo era stato costruito da Ruggero il Normanno sul Monte Consolino, luogo da cui si poteva dominare meglio tutta la cittadina e la vallata fino al mare Ionio. Per i tempi il Castello di Stilo ebbe una grande importanza strategica ed alla sua manutenzione erano tenuti molti, enti e persone, come si rileva dall’Archivio della Regia Zecca dell’anno 1281 al foglio 233. Lo storico Oreste Dito, nella sua Storia calabrese scrive: “ I Normanni cercarono di assicurarsi il dominio della Calabria, occupando e fortificando i luoghi più forti della regione mediterranea e montuosa. Dal 1054 al 1065 caddero in loro potere… Catanzaro, Squillace, Stilo… Dal 1091 una linea di castelli assicurò il dominio della regione interna, S. Marco, Ajello, Martirano, Nicastro, Maida, Mileto. Lungo il litorale Catanzaro, Squillace, Stilo, Gerace”. Il Castello che s’innalza sulla vetta del Consolino è strettamente legato allo sviluppo di Stilo, che era anche circondata da mura, torri ed altri baluardi opportunamente eretti a difesa e in parte ancora esistenti. Padre Apollinare Agresta, abate generale dell’ordine basiliano, nel volume La vita di San Giovanni Theristi del 1677, così parla del castello di Stilo :”… per essere questo castello assai forte sopra tutti gli altri della provincia, era in quei tempi pregiatissimo a’ Re e godeva alcune prerogative e fra l’altre, che molti Baroni e feudatari, fossero obligati alle di lui reparazioni”. Il castello di Stilo era cinto da varie opere di difesa che lo rendevano assolutamente inespugnabile. Di queste cinture se ne possono identificare ancora parecchie lungo l’erta del monte Consolino. C’erano inoltre, sparsi qua e là, strategicamente, altri posti di guardia e singole difese che potevano rendere sempre più difficile, per non dire impossibile, il passaggio al nemico, che avesse eventualmente forzato le altre opere difensive. In questi recinti si distinguono ancora tre porte e due postazioni ricordate con il nome delle antiche macchine (armi) di difesa che ivi erano installate: ingenia e mangana. La cinta bassa delle fortificazioni cominciava poco più sopra della chiesetta bizantina La Cattolica. Altri sbarramenti, serbatoi di acque e rifugi precedevano il castello vero e proprio che aveva fortificazioni autonome coronate da parecchie torri semicircolari.
Al tempo di Carlo d’Angiò nel castello di Stilo furono rinchiusi parecchi prigionieri politici a cui vennero mozzati mani e piedi per avere tentato la fuga. Una fuga non più possibile quando le prigioni furono scavate sotto il castello, sulla parete del Monte Consolino, là dove la montagna di calcare sprofonda a picco e a strapiombo per centinaia di metri. Ecco perché quelle prigioni non avevano nemmeno una porta, perché si poteva entrare o uscire soltanto se si era calati o issati dall’alto con un paranco. Il Castello vero e proprio era formato da un complesso di fabbriche abbastanza esteso, di forma rettangolare. Subito dopo la porta, due possenti torri, posteriori al nucleo più antico, difendevano l’entrata all’interno. Sulla torre quadrata (chiamata d’Altavilla, con chiaro riferimento all’epoca normanna), si apriva una sala. Un’altra più grande, nella torre maggiore, che aveva altre camere su tre piani. Vi erano altri vani annessi alle cucine ed al forno. Tutte le torri erano provviste di larghe feritoie (a bocca di lupo) donde potevano essere rotolati sassi, versato olio bollente ed altri mezzi di difesa propri del tempo. Nella parte centrale del castello c’era una chiesa o cappella. Dai tetti, con opportune condutture ricavate con tegole affrontate e con tubi di coccio (ancora esistenti), si otteneva la raccolta di acqua piovana che andava a finire in una vasta cisterna che occupava lo spazio sotterraneo sottostante ad una buona parte dell’edificio centrale.
L’ultimo propugnacolo, una specie di piccola acropoli, abbracciava il culmine del Consolino e dominava il Castello. Un castellano di nomina regia era preposto al comando della guarigione che presidiava la fortezza.
Lo stipendio dei castellani era di due tarì al giorno. Nei castelli come quello di Stilo non dovevano essere ammesse donne. Tanto il castello quanto le opere accessorie lungo il monte cominciarono a subire gravi danni durante la guerra tra Francesi e Spagnuoli. I Francesci del Bonaparte, nel 1806, diedero il colpo di grazia.
Al castello va riferita una singolare leggenda che richiama il tempo delle incursioni saracene, durante le quali Stilo fu spesso assediata. In uno di questi assedi la popolazione atterrita, per suggerimento del suo protettore S. Giorgio, si rifugiò sul monte. Ma perdurando l’assedio, cominciavano a difettare i viveri e specialmente l’acqua.
Allora il Santo ordinò che tutte le donne che allattavano bambini raccogliessero in apposito recipiente il latte: ne fu confezionata una grossa ricotta che fu posta alla bocca di un cannone.
Cadde sul campo nemico e i Saraceni a quella vista giudicarono che non avrebbero potuto prendere per fame la città, se aveva tanto di cibo da regalarne perfino ai suoi nemici.
Così tolsero l’assedio ed andarono via. Il punto dove la provvidenziale ricotta femminile cadde ebbe in seguito il nome di Vinciguerra, nome che dura tutt’ora. Ma oggi del castello normanno di Stilo non restano che i ruderi.